mercoledì 3 ottobre 2007

Bacchette magiche e firme prestigiose

Lettera di Benedetto Della Vedova al Foglio
(un motivo in più, se ce ne fosse bisogno, per essere vicina ai Riformatori Liberali)


Il mercato ha in sé qualcosa di magico! In Inghilterra Bloomsbury, l’editore di Harry Potter, aveva fissato a 18 sterline (26 €) il prezzo del nuovo e ultimo volume della saga del maghetto, ma tra supermercati, grandi e piccole librerie è scoppiata una massiccia guerra al ribasso, tanto che il libro è arrivato sugli scaffali a 5 sterline. I rivenditori hanno scelto di offrire il romanzo in perdita, sicuri che la promozione avrebbe indotto i clienti “a comprare più di un libro e avrebbe portato nelle librerie persone che normalmente non ci vanno. Ogni copia di Harry Potter è un investimento di lungo periodo, non l’affare di un giorno”: parola di Waterstone’s, una delle maggiori catene di bookstore d’oltremanica. Le librerie indipendenti hanno sicuramente accusato il colpo, costrette anch’esse ad azzerare il loro margine o a vendere sottocosto. Eppure solo una libreria su quattro ha rinunciato alla vendita: la maggioranza ha deciso di avere il titolo a scaffale per conservare i clienti, magari allettandoli con una festa a tema o con la prospettiva di un acquisto più “tranquillo” (senza ore di ordinata ma estenuante fila british).
Il ribasso dei prezzi ha permesso ad Harry Potter di entrare nelle case di milioni di famiglie (dopo appena 5 giorni, il 10% dei britannici aveva il libro), molte delle quali – per loro stessa ammissione - non lo avrebbero acquistato ad un prezzo maggiore.
Giù il prezzo, su le vendite, ovvio. D’altronde, attrarre il pubblico di massa alla lettura di best-seller favorisce, in un secondo momento, la transizione di una porzione di questi lettori verso pubblicazioni di maggiore qualità e prezzo più elevato. E’ già avvenuto nel settore dei quotidiani, dove la free press ha “spinto” lettori verso la stampa tradizionale.
E in Italia? Fino ad oggi niente super-sconti, vietati dalla legge (al massimo, un misero 15%). Ma nel testo del Ddl Bersani ora all’attenzione del Senato vi è la liberalizzazione dello sconto sui libri, grazie all’approvazione da parte della Camera di un emendamento proposto dal sottoscritto (il Governo era contrario): una rivoluzione a favore dei lettori.
Peccato che le lobby si siano scatenate, facendo breccia tra i senatori di destra e sinistra, con il serio rischio che questa misura venga spazzata via.
Il divieto di sconto aveva due obiettivi: aumentare i lettori e “difendere” le piccole librerie. Entrambi sono falliti: secondo l’Istat, nel 2000 il 48,2% degli italiani di età superiore ai 6 anni dichiarava di aver letto almeno un libro nell’ultimo anno; nel 2006 la quota è si è addirittura ridotta al 47,8. Il numero di librerie “indipendenti” e la loro quota del settore è in costante diminuzione, a favore dei megastore e della grande distribuzione.
Ma la realtà e l’interesse dei lettori meno abbienti sembrano contare meno delle proteste delle piccole librerie e dell’interesse degli editori (che preferirebbero il tranquillo status quo alla competizione vera).
Non ho capito cosa pensi Bersani su questo, ma la probabile bocciatura trasversale della libertà di sconto ci riporterà nell’Italia di sempre, quella corporativa e antimercato. Ci vorrebbe proprio una magia per consentire anche ai bimbi italiani di ogni età di comprare l’ultimo Harry Potter a soli sette euro e spiccioli. Chissà!

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