Ecco il terzo capitolo spietato sugli uomini che ho incrociato. Dopo aver raccontato del Fustigatore verbale e dello Sporcamutande è arrivato il turno dell'Innominato.
Prendo in prestito il personaggio di manzoniana memoria perché anche in questo caso si tratta di un maschio dal nome sconosciuto.
Ma andiamo per ordine, anche se in questo caso devo avvisare che non ci saranno troppi riferimenti politici.
Ero sul volo Napoli-Milano di ritorno da un capodanno intensissimo quando ho visto qualche fila davanti a me un ragazzo molto bello. Aveva una trentina d'anni, alto e moro, era impossibile non notarlo. Confesso di averci scambiato un'occhiata maliziosa ma nulla di più.
Atterrati a Milano, mi sono diretta nel pullman che da Malpensa mi avrebbe portata a Milano. Destino ha voluto che a bordo ci fosse anche lui. L'ora successiva di viaggio ci ha consentito una superficiale presentazione. O almeno, io mi sono presentata ma lui ha evitato di dirmi il suo nome.
Dopo il tragitto trascorso scambiando qualche luogo comune, come richiedeva l'occasione, mi ha chiesto di andare a mangiare una pizza insieme. Perché rifiutare? Siccome era tardi e le pizzerie di Milano chiudono presto, ho proposto Rosy e Gabriele: il vero punto di riferimento per gli affamati notturni.
A cena ho scoperto che l'Innominato era un ingegnere con un lavoro in Finmeccanica e una fidanzata napoletana. «Sai, io amo molto la mia ragazza» mi ha spiegato, «però quando sono qui al Nord mi diverto». Insomma, la situazione era chiara.
Ho visto l'Innominato un paio di volte dopo quella serata. Lui aveva il mio numero e io non avevo il suo per espresso divieto, mi chiamava con il numero sconosciuto. Diceva che faceva con tutte così, perché finisce sempre che una donna si illuda e lui non voleva avere problemi con la sua fidanzata.
Quello che mi aveva colpito è che leggeva spesso gli articoli che scrivevo e mi chiamava per commentarli. Strano per uno che in fondo non sembrava interessarsi di nulla.
Poi un giorno ha smesso di chiamarmi e io l'ho mentalmente salutato. Chissà qual era il suo nome.
Prendo in prestito il personaggio di manzoniana memoria perché anche in questo caso si tratta di un maschio dal nome sconosciuto.
Ma andiamo per ordine, anche se in questo caso devo avvisare che non ci saranno troppi riferimenti politici.
Ero sul volo Napoli-Milano di ritorno da un capodanno intensissimo quando ho visto qualche fila davanti a me un ragazzo molto bello. Aveva una trentina d'anni, alto e moro, era impossibile non notarlo. Confesso di averci scambiato un'occhiata maliziosa ma nulla di più.
Atterrati a Milano, mi sono diretta nel pullman che da Malpensa mi avrebbe portata a Milano. Destino ha voluto che a bordo ci fosse anche lui. L'ora successiva di viaggio ci ha consentito una superficiale presentazione. O almeno, io mi sono presentata ma lui ha evitato di dirmi il suo nome.
Dopo il tragitto trascorso scambiando qualche luogo comune, come richiedeva l'occasione, mi ha chiesto di andare a mangiare una pizza insieme. Perché rifiutare? Siccome era tardi e le pizzerie di Milano chiudono presto, ho proposto Rosy e Gabriele: il vero punto di riferimento per gli affamati notturni.
A cena ho scoperto che l'Innominato era un ingegnere con un lavoro in Finmeccanica e una fidanzata napoletana. «Sai, io amo molto la mia ragazza» mi ha spiegato, «però quando sono qui al Nord mi diverto». Insomma, la situazione era chiara.
Ho visto l'Innominato un paio di volte dopo quella serata. Lui aveva il mio numero e io non avevo il suo per espresso divieto, mi chiamava con il numero sconosciuto. Diceva che faceva con tutte così, perché finisce sempre che una donna si illuda e lui non voleva avere problemi con la sua fidanzata.
Quello che mi aveva colpito è che leggeva spesso gli articoli che scrivevo e mi chiamava per commentarli. Strano per uno che in fondo non sembrava interessarsi di nulla.
Poi un giorno ha smesso di chiamarmi e io l'ho mentalmente salutato. Chissà qual era il suo nome.